Che ad Armando Testa piacciano le avventure creative è evidente, è un «esploratore» di professione: quando ci imbattiamo sul piccolo schermo o sui muri delle strade in qualche vera invenzione, il commento è «Mister Testa, I suppose». Egli infatti da una vita «fa» il creativo, anzi egli «è» permanentemente creativo, qualunque mezzo utilizzi, dalla conversazione all'affiche, al progetto per la stampa o alla televisione. Ma questa sua ultima mostra ispirata al dito non è una nuova avventura. Già da molti anni aveva eletto il dito protagonista di molti disegni e copertine. Qualche volta per giocarci e scherzarci (Armando è certamente uno degli uomini più spiritosi che conosca, anche per lui lo humour è l'ingrediente in assenza del quale non si percepisce l'intelligenza di una persona), altre volte sinceramente emozionato dalla essenzialità e dalla bellezza formale di questo piccolo dinamico capolavoro del corpo umano, di questa miniatura della fisiologia umana insita nel corpo stesso, di questo Lilliput attaccato al nostro braccio e al nostro cervello. A me pare che in tempi come i nostri dove dal punto di vista artistico è stato fatto di tutto e tutto è stato consumato, dove l'accelerazione convulsa ci ha fatto perdere il senso del tempo tanto che si rimastica non solo l'altro ieri ma anche l'oggi, scegliere di fare una mostra ispirata al dito è per lo meno singolare. Sono sicuro che per Armando questa è una sfida stracarica di humour, di provocazione e di quella «m...
Che ad Armando Testa piacciano le avventure creative è evidente, è un «esploratore» di professione: quando ci imbattiamo sul piccolo schermo o sui muri delle strade in qualche vera invenzione, il commento è «Mister Testa, I suppose». Egli infatti da una vita «fa» il creativo, anzi egli «è» permanentemente creativo, qualunque mezzo utilizzi, dalla conversazione all'affiche, al progetto per la stampa o alla televisione. Ma questa sua ultima mostra ispirata al dito non è una nuova avventura. Già da molti anni aveva eletto il dito protagonista di molti disegni e copertine. Qualche volta per giocarci e scherzarci (Armando è certamente uno degli uomini più spiritosi che conosca, anche per lui lo humour è l'ingrediente in assenza del quale non si percepisce l'intelligenza di una persona), altre volte sinceramente emozionato dalla essenzialità e dalla bellezza formale di questo piccolo dinamico capolavoro del corpo umano, di questa miniatura della fisiologia umana insita nel corpo stesso, di questo Lilliput attaccato al nostro braccio e al nostro cervello. A me pare che in tempi come i nostri dove dal punto di vista artistico è stato fatto di tutto e tutto è stato consumato, dove l'accelerazione convulsa ci ha fatto perdere il senso del tempo tanto che si rimastica non solo l'altro ieri ma anche l'oggi, scegliere di fare una mostra ispirata al dito è per lo meno singolare. Sono sicuro che per Armando questa è una sfida stracarica di humour, di provocazione e di quella «moralità» (ahi!) segreta del lavoro (anche di quello artistico) che si dice essere una prerogativa di noi piemontesi. Insomma, c'è una enorme presunzione nel rinnegare la vastità dei temi ancora, anzi sempre più offerti dalla realtà e dall'astrazione, e di costringersi in clausura su un soggetto apparentemente insignificante e banale, ma in realtà impegnativo almeno quanto disegnare la figura e il volto umano. Uomo di sintesi, abituato a scavare a fondo su un unico soggetto (quante centinaia, anzi migliaia di piccoli disegni di dita gli ho visto fare negli ultimi mesi?), Testa ci offre una serie di interpretazioni pittoriche del dito che per estensione, varietà e rigore sono l'ennesima quanto rara dimostrazione che una autentica e inesausta «alta tensione creativa» può ricavare nuove invenzioni o almeno immagini e nuovi segni da qualsivoglia pretesto. Per i signori pittori di professione, questa - di un pubblicitario/pittore - è una sfida che è quasi un affronto: è uno schiaffo, anzi un «dito nell'occhio» che preannuncia un duello.
Un dito nell’occhio di Umberto Allemandi